Cenni Storici

  • CARAFA DELLA STADERA

    L’illustrissima e storica famiglia Carafa Della Stadera, quelli del predicato di Andria, di S. Lorenzo, di Noja, di Tortorella e di Montecalvo.
    Il Capostipite fu Tommaso, discendente da altro più antico casato napoletano: I Caracciolo.
    I Marchesi di Tortorella appartenevano al ramo dei Carafa della Stadera da Napoli.
    Il loro stemma aveva uno sfondo rosso attraversato da tre fasce orizzontali d’argento, con una stadera di ferro al naturale, e inciso un motto: “Hoc fac et vives” (Fa questo e vivi – dal vangelo di Luca 10:28).

  • CONFRATERNITE

    La religiosità della nostra comunità Parrocchiale ha visto nel corso della sua storia un forte sviluppo, tanto da creare ben quatto Confraternite di cui una ancora attiva presso la nostra Parrocchia.

    – La Confraternita dell’Immacolata Concezione del 1533
    – La Confraternita del Santissimo Sacramento del 1578
    – La Confraternita di San Felice Martire del 1771
    La Pia Confraternita della Beata Vergine del Monte Carmelo del 1872 (ANCORA ESISTENTE)

  • TORTORELLA, CORRADINO DI SVEVIA E LA RITORSIONE DI CARLO D’ANGIO’

    Dopo la sconfitta di Corradino di Svevia, in una lettera inviata al giustiziere di Principato e Terra Beneventana nel 1279, Re Carlo I evoca eventi ignoti verificatisi nell’odierno basso Cilento in quel tempo.
    Da questa lettera si apprende di cavalieri con predicato locale, per cui è da supporre che Tortorella fosse già fiorente in epoca normanna.
    Carlo d’Angiò segnala nella sua lettera che un gruppo di soldati della Terra di Tortorella, al tempo delle ultime irruzioni nemiche nel Regno presero le parti di Corradino.
    I predetti si recarono a incontrare il vascello imperiale. Ricevuti i sopravvenuti come capitani, questi furono condotti nel Feudo di Tortorella e vennero affidati nelle loro mani l’amministrazione e il governo dell’Università. Alla venuta di Corradino fecero poi solenni e pubbliche feste. Dopo la sconfitta di Corradino, Re Carlo ordinò a Ruggiero Sanseverino, Conte di Marsico, di far arrestare i soldati di Tortorella che si erano già messi in salvo con la fuga. Il Re, pertanto aveva ordinato di distruggere le loro case, svellere le loro vigne, distruggere i raccolti e dare i loro beni in amministrazione.

  • DALLA CACCIATA DEL MARCHESE CARAFA ALL’UNITÁ D’ITALIA

    Agli inizi del XIX secolo, con l’epopea napoleonica si ebbe l’abolizione del regime feudale. Nel 1810 la tirannica famiglia del marchese Carafa, che amministrava Tortorella dal 1600, abbandonò il paese.

    Le insurrezioni che hanno contraddistinto il Cilento in periodo borbonico non trovarono alcun appoggio in Tortorella. La forte amministrazione politica, gestita saldamente dai nobili e dal clero, non lasciò spazio alle sommosse popolari. Tortorella non partecipò pertanto all’insurrezione nel Cilento del 1828, capeggiata da Antonio De Luca, né alla rivolta del 1848. Accettando lo stato delle cose, per una sfiducia nei cambiamenti, contribuì alla disfatta del tentativo di Pisacane di far insorgere le popolazioni del Cilento.

    Gli scampati a tale scontro, incluso Pisacane, perirono nell’attacco presso Sanza. Nel tardo pomeriggio del 29 giugno un drappello di rivoltosi aveva cercato di penetrare in Tortorella. L’attacco fu respinto dalle Guardie Urbane. Tortorella aveva a disposizione un efficiente sistema difensivo basato su imponenti mura di cinta e numerose torri di guardia.

  • I MONACI BASILIANI NEL BASSO CILENTO: RELIGIONE, POLITICA E INTRAPRENDENZA

    Secondo la tradizione orale lucana dall’antica colonia romana Blanda, in Calabria, distrutta da un’invasione di grosse formiche nere, ebbero origine Tortora, Tortorella e Battaglia. I cenobi rappresentarono pertanto un polo di aggregazione per le popolazioni dei dintorni. Alla metà del X secolo molti cenobi, come molti paesi, si presentavano già costituiti. Del nucleo originario sorto sulla collina di Tortorella, presso il valico del monte Cocuzzo, lungo la carovaniera per il Mar Ionio, si ignora il nome e si dispone di scarse informazioni. Per certo l’arrivo dei monaci italo-greci e degli oriundi di Blanda contribuì decisamente al suo sviluppo e alla sua affermazione nel territorio cilentano. A partire da questo periodo tale centro prenderà il nome di Tortorella.

  • L'AMMINISTRAZIONE DI TORTORELLA DAL XV AL XVI SECOLO

    Il Feudo di Tortorella fu di Almirante Ruggero, Barone di Lauria, successivamente di Venceslao Sanseverino Conte di Lauria. Nel 1463 Tortorella fu amministrata da Barnaba Sanseverino, Duca di Scalea, successivamente da Guglielmo Sanseverino, Conte di Capaccio.
    Il Feudo poi passò ad Isabella Caracciolo, moglie di Ferrante Spinelli, Duca di Castrovillari. Fu acquistato da Troiano Spinelli che nel 1555 lo vendette a Giovanni e Cesare Ricca. Da questi Tortorella fu ceduta nuovamente a Troiano Spinelli e nel 1564 venne acquistata da Scipione Offerto. Nel 1569 Francesco Alderisio acquisì il Feudo. Nel 1600, per il matrimonio dell’unica erede degli Alderisio, N. D. Vittoria Alderisio con G. B. Carafa Stadera, Tortorella passò alla famiglia Carafa che la governò fino ai principi del 1800.

  • LE RELIQUIE DI SAN FELICE MARTIRE GIUNGONO A TORTORELLA

    Nel 1769 arriva la concessione da parte della Sede Apostolica di insigni Reliquie di un Martire della Fede Cristiana alla nostra Parrocchia.
    Il 27 ottobre dello stesso anno il Corpo Santo di San Felice fu consegnato al Clero di Tortorella.
    Le preziose Reliquie, conservate per secoli nelle catacombe di Santa Ciriaca dell’alma Roma, furono concesse dal Papa Clemente XIV alla Cappellania di San Bernardino della Chiesa Colleggiata di Tortorella. Il Corpo santo del glorioso Martire fu portato da Villammare, via contrada Vallina, a Tortorella il 27 ottobre del 1769.

  • PATRIMONI DELL'ARISTOCRAZIA

    Le due famiglie principali sono gli Alderisio e i De Ricca. Le loro proprietà analogamente a quanto descritto erano in continua trasformazione.
    Ma nel contesto cilentano eravamo in presenza di un carattere generale dell’economia locale in cui non era possibile fare una artificiosa distinzione tra sfera contadina e sfera aristocratica.La mobilità della terra era nel Basso Cilento il segno della sua rigidità economica, e della non ancora avvenuta penetrazione nelle proprietà terriere del capitale mercantile moderno.L’unico grande feudo della regione era il feudo quod dicitur lo Farneto, appartenente a Margherita di Sanseverino contessa di Capaccio.

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