La Porta de lo Cantone

La Porta de lo Cantone risale all’età normanna e dava l’accesso al quartiere ancora oggi adiacente a essa e tuttora contraddistinto da impianto urbanistico e caratteri originari. Era inglobata in una imponente cinta muraria che seguiva un gradino naturale della roccia calcarea su cui sorge e che, dal XIII secolo, rendeva Tortorella un borgo inespugnabile. Inoltre nel Cinquecento era vietato costruire case a ridosso delle mura, un divieto successivamente rimosso come testimoniano i resti di alcune abitazioni lungo il percorso.

Nel Settecento il Marchese Carafa pagò ad un unico esecutore 100 monete d’oro per ristrutturare la cintura difensiva, in modo da garantirne un omogeneo risultato estetico. È peraltro il periodo a cui rimonta la trasformazione della “Porta de lo Cantone” in scala di accesso alle antiche carceri. La struttura primigenia, dotata di torri merlate, risultava infatti addossata al maniero delle prigioni, ora sede della Casa comunale, motivo per il quale, nel Quattrocento, chi rubava era esposto nello spazio antistante la Porta, detto “Ribellino”, secondo una legge che imponeva la pubblica diffamazione del colpevole.

Foto storica del “Ribellino” – anno 1950

Prima dell’Unità d’Italia, scesa la sera, lo strategico borgo di Tortorella veniva chiuso attraverso monumentali portoni in legno andati, però, dispersi. La perdita di questi massicci manufatti ha contribuito ad accrescere un particolarissimo fenomeno, ancora riscontrabile nel pomeriggio: quando il sole svolta l’angolo del “Ribellino“, in prossimità della Porta – che resta in ombra -, insorge un’intensa corrente d’aria sotto l’arco.

Fino al secolo scorso tale flusso veniva utilizzato dalle donne per “ventoliare” il grano, ossia separare il seme dal residuo della crusca lanciandolo in aria.

Una pratica che il dettaglio di un quadro del cilentano Biagio Mercadante illustra con puntuale realismo.

Stralcio del Dipinto di Biagio Mercadante – Le Vagliatrici

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